1 agosto 2008

Articolo pubblicato Domenica 27 Luglio 2008 da Indipendent

Silvio Berlusconi: il padrone è tornato e fa sul serio

[Independent]

Silvio Berlusconi sembra determinato a fare sul serio stavolta. Ha già tirato fuori qualche sorpresa, quindi, quale sarà il prossimo passo per l’Italia?

L’avete letto su questo giornale: la scorsa settimana è stata un trionfo per Silvio Berlusconi. Per anni il suo genio politico è stato un segreto ben custodito. Tutti noi, convinti che fosse un buffone, ci siamo arrovellati per trovare una spiegazione al suo successo elettorale: ha trasformato la popolazione di questo paese in zombie attraverso il suo spaventoso network televisivo; ha stretto un patto con la mafia in base al quale la sua coalizione si assicura la vittoria in cambio di favori; una nazione intrinsecamente amorale ha visto in lui un autentico rappresentante, un co-cospiratore per ingannare il fisco e raggirare la magistratura ….

La verità è più semplice. Gli italiani ne hanno abbastanza di governi che non fanno nulla; che mantengono a stento il potere grazie a coalizioni ciniche, trattenendosi giusto il tempo necessario per tirare fuori di galera qualche amico ed assicurare remunerativi contratti ad altri. Gli italiani hanno dato uno sguardo in giro per l’Europa ed hanno visto Blair, Zapatero e Sarkozy promettere grandi cose, salire al potere per poi provvedere fattivamente al mantenimento di quelle promesse. Hanno detto, sì grazie, vogliamo una cosa del genere anche noi.

La settimana è iniziata con alcuni scatti stranamente noiosi apparsi sulle prime pagine di uno o due giornali vicini a Berlusconi. Le immagini mostravano il litorale di Napoli: condominii, la baia, il forte in lontananza, qualche automobile e pedoni.

Il senso dell’immagine risiedeva proprio in ciò che non vi era contenuto: montagne di rifiuti. Da anni Napoli combatte per trovare una soluzione ad una delle sfide più semplici: cosa fare con l’immondizia. Le precedenti iniziative hanno generato nuovi problemi nel momento in cui gli uffici delle commissioni speciali incaricate di risolvere il problema si sono trasformati in attività lucrosissime. Durante il giro di comizi elettorali Berlusconi aveva promesso che, se eletto, avrebbe convocato la prima seduta del consiglio dei ministri in questa città, e che si sarebbe impegnato a trovare una soluzione duratura. Non gli abbiamo creduto: Berlusconi non ha mai trovato soluzioni per i problemi del mondo reale. Ma ci sbagliavamo.

Tornato al potere con una maggioranza schiacciante, si è precipitato a Napoli minacciando di far schioccare la frusta. Ha promesso di ripulire dalla spazzatura le strade di Napoli entro la fine di luglio, imponendo la riapertura delle discariche con l’esercito se necessario ed ordinando l’urgente costruzione d’inceneritori di ultima generazione. Due settimane prima aveva pronunciato profetiche parole, “missione compiuta”. Apparentemente era vero.

I quotidiani che lo criticano hanno relegato la notizia a fondo pagina. Altri hanno parlato di spazzatura nascosta sotto il tappeto, di problemi semplicemente dislocati nelle lontane zone della provincia, di rifiuti esportati in Germania. Almeno in un’ottica a breve termine non è molto rilevante: Napoli era presentabile. Berlusconi ha dichiarato che Napoli “è tornata ad essere una città del mondo occidentale.”

Ha dimostrato due cose: che questa volta è sinceramente convinto di fare le cose sul serio; e che, malgrado l’incoerenza della sua coalizione, riesce ancora ad imporre su di essa la sua volontà. E’ il potere del padrone, il potere dei soldi. Può sembrare anacronistico, ma funziona.

Il pericolo, un fantasma che perseguita l’Italia sin dai tempi di Mussolini, è che tutto dipende dalla volontà e l’ego di un solo uomo, una persona dotata di un illimitato potere d’acquisto e di una colossale auto-stima, un individuo che la scorsa settimana ha azzardato un passo che gli storici potrebbero definire fatidico: si è sottratto al corso della giustizia. Il senato ha approvato un nuovo lodo che concede a Berlusconi l’immunità da qualsiasi responsabilità penale fino alla fine del mandato. Il Presidente Giorgio Napolitano lo ha puntualmente firmato facendolo diventare legge.

Berlusconi ha voluto questo provvedimento non solo per liberarsi dal processo per corruzione che lo vede sotto accusa insieme all’ex-marito di Tessa Jowell, David Mills. In un contesto più ampio, egli sostiene di essere stato vittima di un’intensa campagna di persecuzione giudiziaria ad opera di magistrati e pubblici ministeri di sinistra, i quali si sarebbero adoperati per eliminarlo usando gli strumenti giuridici, sovvertendo in tal modo la volontà democratica del paese. “Da quando sono entrato in politica,” dichiara, “sono stato chiamato a presenziare 2,502 udienze” per un valore di 174 milioni di sterline (220 milioni di euro circa, N.d.T.) in spese legali, afferma.

“Mi hanno gettato fango addosso … per 10 anni, ed in tutti i casi sono stato prosciolto. Mi chiedo: chi mi risarcirà per l’immagine che i giornali di tutto il mondo hanno dipinto di me, per non parlare dei costi legali?”

“Mi avete liberato,” ha detto al Senato dopo il voto decisivo. “Non potrò essere più perseguitato” C’è ancora la possibilità che la legge venga accantonata dalla Corte Costituzionale, come accadde nel 2004. Ma, a meno che questo succeda, Berlusconi adesso è un uomo libero.

Libero di fare cosa? Questa settimana è successo anche che una legge straordinaria sulla sicurezza è stata votata all’interno di un pacchetto di leggi ordinarie, la quale ha consentito al governo di ordinare all’esercito di sgomberare i campi nomadi rom. Venerdì, il governo ha instaurato lo stato d’emergenza per fare fronte ad un’ondata di arrivi di immigrati clandestini dal Nord Africa. Improvvisamente il governo si trova ad agire con la sfrontatezza e l’imprevedibilità tipiche del suo capo.

Il primo ministro trascorre le sue vacanze estive da uomo felice. Persino la sua vita privata sembra andare per il verso giusto: la settimana scorsa una rivista di gossip pubblicava un’illustrazione patinata di Berlusconi mano nella mano con sua moglie, Veronica, la quale afferma di voler trascorrere tutte le vacanze al fianco del proprio marito – mettendo così definitivamente a tacere il gossip su un imminente divorzio.

All’età di 71 anni, Berlusconi è un re nell’autunno dei suoi anni. Ma non c’è assolutamente nulla di autunnale nella sua performance durante i suoi primi 100 giorni al governo – si sta comportando come se fosse alla guida di una Ferrari nuova di zecca. Ha sempre avuto un’incredibile capacità di far sentire l’italiano comune contento della propria condizione. Adesso ha deciso di mettere questa sua abilità a disposizione di un uso politico costruttivo: vuole essere ricordato come uno che porta a termine le cose. Ma dove porterà l’Italia? Sarà una corsa folle.

Da voglioscendere.ilcannocchiale.it

Da Vanity Fair, 30 giugno 2008

Il delitto perfetto, quello che non ha colpevoli, non esisteva nel Paese dei Carpazi prima di quel lampeggiante lunedì 29 febbraio, anno ****, nottata di pioggia e fulmini sulla Capitale, quando un colpo di pistola risuonò nella Sala dei Pavoni. E un urlo si spense, scivolando via insieme col cadavere eccellente.

E’ morto il Presidente della Repubblica. Lo ha ucciso il presidente del Senato. Suonano allarmi e trombe. Accorrono i Corazzieri a cavallo, gli uomini della Scientifica, quelli dei Servizi segreti, un manipolo di magistrati. Arriva il Presidente della Camera. Arriva il Presidente del Consiglio. Infine (e in esclusiva) la Cnn dei Carpazi.

L’assassino è scosso. Siede, con una certa eleganza, sul sofà. Conversa. Ammette: “Non so cosa mi capitò. Giocavamo a zecchinetta. L’ira di un attimo, presumo. Son sconcertato”. Sorseggia Malvasia. Gli inquirenti lo guardano a distanza. Non può essere ammanettato: secondo il nuovissimo Lodo *** votato dalla Camera Federale per le quattro più alte cariche dello Stato, è immune da qualunque arresto. Ma a onor del vero la legge, che pure lo tutela, non basta a renderlo insensibile a quel sangue sui tappeti. Lo tormenta un capogiro. Lo infiacchisce il rimorso.

Siamo nel cuore del giallo senza giallo. Siamo nella bella città d’antica storia. Democrazia d’Occidente, perla d’Europa, distesa tra mutevoli alture dei Cinque Colli, bagnata dal Fiume, ingentilita dai gerani, carica di sogni telefonici che si dispiegano dentro conversazioni oniriche, dove passeggiano femmine con piccoli guinzagli e perizoma e strass. Celebri al pubblico come: “Le Mie Fanciulle”.

Il Presidente è morto. Era il piu’ alto delle alte cariche. Era il più tranquillo. Era il più elegante. Che si fa ora?

Nel Paese serpeggia scalpore. Bandiere scendono a mezz’asta. Il Presidente del Consiglio, che era il quarto alto delle quattro alte cariche e che adesso è il terzo alto delle tre alte cariche, si incarica del Messaggio alla Nazione. Un video con la calza dalla Villa. Un testo asciutto. Con la foto della salma in primo piano e un incipit del tipo: “Questo è il Presidente che amo”. All’indicativo presente. Che rende esplicito il legame. Commovente il dolore. Inevitabile l’eredità.

Giuristi studiano (intanto) le carte. La vittima è certa, non lo è il carnefice. Il fatto è accaduto, ma in una sua metà si è dissolto. Fumus aleggia. Il colpevole esiste, ma non è giudicabile. Tutti i reati provvede a cancellarglieli la legge. Per restituirglieli occorreranno dimissioni in grado di smontargli lo scudo di seconda alta carica. Perché finchè resta in carica, l’alta carica lo rende immune. Ha agito da solo. Senza disegni, senza movente. A guardar bene senza neppure cattiveria. Anzi si è già pentito. E pentendosi piange. E piangendo si libera. E liberandosi si apre a un cauto conversare: “D’ora in avanti vivrò nell’amarezza”.

Giustizialisti sospettano. Toghe avvelenano. Giovani girotondi fomentano. Li zittisce per tempo il Presidente del Consiglio che afferma che la legge è legge, va rispettata. Il Presidente del Senato è immune. Farlo dimettere non sarebbe garantista. E quindi resta innocente fino al terzo grado di giudizio al quale si arriverà dopo il giusto processo, la ricusazione dei giudici, il riesame della Consulta, il parere della Corte dell’Aia, il Patteggiamento allargato e l’ultimo appello al Tar dei Carpazi. Per il momento il processo non si fa, ci mancherebbe. Fino a quando? Lo decideranno le alte cariche e i loro pari, eletti dal popolo, non qualche impiegato statale che indossa una toga grazie a un discutibile concorso. Sarà un processo a porte chiuse contro ogni spettacolarizzazione. E sarà un processo giusto. Il Presidente del Consiglio lo giura sul suo onore (immune) e sulla testa dei suoi nove figli. Questione chiusa.

Di aperto resta il vuoto politico. Che in politica non esiste. Va riempito. Perché senza Presidente non si può stare. Il Lodo *** lo consente. La Nazione lo chiede. Le Camere Federali lo pretendono. Addirittura inneggiano all’ora finalmente giunta. S’apre per la quarta alta carica la via che conduce in vetta al vento della prima. Il Presidente del Consiglio diventa il Presidente della Repubblica. L’apoteosi di una vita, cominciata vendendo temi in classe e torri nella nebbia e notti da un drive-in elettronico