28 novembre 2008


In principio era il CUF, circa quindici anni fa. Poi il CUF venne travolto da uno scandalo che riguardava sangue infetto, Hiv, epatite B e C… e per questo motivo cambiò e venne chiamato AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco, preposta alla sorveglianza e all’approvazione dei farmaci).
L’AIFA è finita ieri al centro di un’inchiesta che ha portato all’arresto di 8 persone (fra cui 2 suoi dirigenti di spicco) e riguarda 30 indagati fra cui figurano il direttore generale e dei manager di punta dell’AIFA, dei manager della Bayer, della Glaxo, ricercatori e politici. L’inchiesta fa luce su uno scambio di tangenti e regali al fine di agevolare l’immissione di nuovi farmaci nel mercato italiano e alleggerire i controlli su altri già presenti affinchè “non passassero informazioni su prodotti che hanno creato situazioni di rischio per la salute, anche mortali”.
Fra le prove contenute nelle 700 pagine di documenti della Procura, il filmato ad opera dei Carabinieri del passaggio di denaro fra un mediatore e Pasqualino Rossi, numero due dell’AIFA e rappresentante AIFA presso l’EMEA (Agenzia Europea per i Farmaci), finito ora agli arresti, al fine di influenzare i controlli sull’Aulin.
L’Aulin è un noto anti-infiammatorio contenente la molecola nimesulide e venduto nelle farmacie italiane anche come farmaco generico. Nelle statistiche l’Italia è il Paese con il più alto consumo di nimesulide in Europa. Ciò che però molti non sanno è che questo farmaco non è stato mai approvato in Giappone o negli Stati uniti, e che la sua commercializzazione è stata sospesa nel 2002 in Spagna ed in Finlandia dopo 66 casi di danni epatici ed un decesso, e nel 2007 in Irlanda dopo che 6 pazienti subirono un trapianto di fegato.
Nel nostro Paese si sono susseguiti vari allarmi e appelli, tra cui quello lanciato nel maggio 2007 dal Convegno dei Medici Internisti Italiani e dal presidente della Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, dopo i numerosi episodi di pazienti con danni al fegato e all’apparato gastroenterico causati dalla molecola nimesulide.
Gli allarmi sono però rimasti inascoltati e il Comitato Scientifico dell’EMEA, dopo un’analisi dei dati, ha stabilito che il profilo/rischio della nimesulide è da considerarsi comunque positivo (il manager Paqualino Rossi, finito in manette e al centro del presunto passaggio di tangenti per influenzare i controlli sull’Aulin, è il rappresentante AIFA presso l’EMEA, ndr).
Secondo l’inchiesta, guidata dal giudice Guariniello e dai carabinieri dei Nas di Torino, sono decine i farmaci di cui potrebbe essere stato alterato l’iter di autorizzazione. Per l’accusa, oltre i reati contestati, si profila l’ipotesi per gli indagati di avere arrecato un danno alla salute pubblica.
Secondo la Procura i rapporti di corruzione erano talmente diffusi e radicati che alcuni rappresentanti dell’AIFA coinvolti nell’indagine arrivavano ad essere pagati mensilmente dai mediatori delle compagnie farmaceutiche. Come un vero stipendio.

27 novembre 2008


L' Africa ha la maggior parte della terra fertile non coltivata del mondo e la maggior parte dei morti di fame.

Una ragione ci sarà.

La sindrome del nano


Zorro
l'Unità, 27 novembre 2008

A Stoccolma Roberto Saviano parla al mondo intero con Salman Rushdie, pochi giorni dopo che il governo svedese ha onorato il Nobel Dario Fo con uno speciale annullo postale. In Italia, per le cosiddette autorità, Fo è un mezzo terrorista. E il comune di Milano nega l’Ambrogino a Saviano e Biagi. Inutile riportare le ragioni addotte dai carneadi che occupano i banchi del Pdl. Ragioni inesistenti, come i loro sostenitori. All’origine di quel vergognoso No c’è sicuramente l’allergia dei berluscones agli uomini liberi, che continuano a dar fastidio anche da morti. Ma c’è anche il sacro terrore dei mediocri per il talento, la sindrome di Salieri dei nani della politica per i giganti che han saputo conquistarsi l’amore del pubblico. Ieri il solito poveraccio, già noto per aver insultato Biagi da vivo e da morto, è riuscito a sputare pure sulla tomba di Montanelli. L’ha fatto sul Giornale da lui fondato nel 1974, nel tentativo disperato di assolvere il padrone per la sua iscrizione alla P2, sostenendo che Montanelli “scrisse con il piduista Roberto Gervaso una Storia d’Italia in 6 volumi”. Non è vero niente: Montanelli scrisse i libri con Gervaso dal 1965 al ‘70, mentre Gervaso si iscrisse alla P2 nella seconda metà degli anni 70. E quando saltò fuori il suo nome nelle liste di Gelli, si ruppero i rapporti fra i due. Poi, quando Gelli insinuò cose false sui loro rapporti, Montanelli lo querelò e lo fece condannare per diffamazione. Lo sputo sulla tomba di Montanelli merita solo disprezzo. Ma, come diceva il vecchio Indro citando Chateaubriand, “il disprezzo va usato con parsimonia, in un mondo così pieno di bisognosi”.

26 novembre 2008

Marco Travaglio - Ora d'aria - l'Unità 25/11/2008


Ha fatto scalpore l’appello dell’Associazione magistrati al relatore speciale per i Diritti umani dell’Onu, Leandro Despouy, perché prenda posizione sui continui attacchi del governo italiano (ma non solo) alle toghe inquirenti e giudicanti. Le meglio firme del bigoncio, da Mattia Feltri sulla Stampa a Pigi Battista sul Corriere, hanno ironizzato sull’iniziativa. Per Feltri jr. la storia della “Toga Rossa” che invoca “i Caschi Blu” sarebbe “umoristica” e inedita, “gente come la Paciotti e Bruti Liberati mai si sarebbe sognata l’appello all’Onu”. Per Cerchiobattista, l’Anm soffrirebbe addirittura di “smania contagiosa del gesto eclatante”, “zelo allarmistico”, “lancinante nostalgia per un’epoca che si è chiusa”. E l’“appello sconclusionato” sarebbe una “sfida al buon senso” col “singolare coinvolgimento dell’Onu nelle vicende politiche italiane”, “ultimo residuo di una guerra tra politica e magistratura”, “rituale stanco della retorica reducistica” di una magistratura che pretende di “recitare la parte del contropotere militante nei confronti della politica”, “riluttante a rientrare nei ranghi” dopo aver “posto la pietra tombale sulla Prima Repubblica condizionando pesantemente la Seconda”.
Evidentemente questo Battista è appena atterrato da Marte, dunque non può sapere che le indagini sulla Prima Repubblica e su molti esponenti della Seconda dipendono dal fatto che molti politici italiani rubano e in Italia, come nel resto del mondo, la magistratura ha il compito di acchiappare i ladri. Solo che, nel resto del mondo, i governi si guardano bene dal prendersela con i magistrati: di solito se la prendono con i ladri. Ma sono tutti paesi che non hanno la fortuna di vantare giornalisti come Feltri e Battista, specializzati nel commentare cose che non conoscono.
Nella fattispecie, Battista e Feltri jr. non sanno che il relatore speciale Despouy ha l’incarico di vigilare per conto dell’Onu sull’“indipendenza di magistratura e avvocatura” nei paesi membri. E’ il referente istituzionale dei rappresentanti di magistrati e avvocati. Nel 2002 il suo predecessore malese Dato Param Cumanaraswamy fu inviato per ben due volte in Italia dall’Onu senza che nessuno lo chiamasse, per verificare de visu i continui attacchi del governo Berlusconi II alla magistratura. Parlò con tutti i soggetti interessati, compresa l’Anm (al cui vertice sedeva Bruti Liberati…). Poi, il 3 aprile 2002, stilò la sua relazione finale in cui censurava l’assedio di governo e maggioranza del centrodestra alle toghe, ma anche “il conflitto d’interessi” degli avvocati parlamentari che possono “avvantaggiare i loro clienti”. Soprattutto uno, il solito. E concludeva: “Vi sono motivi ragionevoli perché giudici e pm sentano minacciata la loro indipendenza” anche a causa degli “attacchi del governo… Gli importanti politici sotto processo a Milano dovrebbero rispettare il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e non dovrebbero ritardare i processi. Le decisioni dei Tribunali devono essere rispettate da tutti”.
Al giurista malese bastarono pochi giorni in Italia per inquadrare la drammatica lesione della divisione dei poteri, principio cardine dello Stato liberale di diritto. Feltri e Battista, rispettivamente ex redattore del Foglio di Berlusconi ed ex vicedirettore di Panorama di Berlusconi, in Italia vivono e scrivono da sempre. Eppure (o forse proprio per questo) non han mai notato nulla di strano negli attacchi politici al potere giudiziario. Ciò che si vede a occhio nudo dalla Malesia, da casa Berlusconi si nota un po’ meno.

24 novembre 2008

Come la mafia ha beneficiato della crisi finanziaria

La Mafia corrompe, investe e si espande. Con un fatturato complessivo di 130 miliardi di euro, è una delle principali aziende in Italia. Anche la crisi finanziaria non tocca i padrini. Al contrario, sulla crisi ci guadagnano addirittura.

Amburgo - Il bilancio della criminalità organizzata parla da solo: ogni anno, Cosa Nostra, la Camorra, la ‘Ndrangheta calabrese e la Sacra Corona Unita pugliese fanno circa 70 miliardi di euro di profitto. E il successo economico delle “holding” criminali continua.
“La crisi finanziaria rende la mafia ancora più pericolosa”, ha avvertito oggi Marco Venturi, il presidente dell’ associazione dei commercianti Confesercenti, in occasione della pubblicazione del rapporto “SOS Impresa”. Da questo rapporto sono estratte le cifre riportate. La relazione illustra in dettaglio le attuali attività della mafia - e per questo ha causato anche notevoli agitazioni.
Perché: dove le banche falliscono a causa della crisi finanziaria, si inseriscono ora i membri delle “famiglie” e prestano facilmente denaro alle piccole imprese e ad altri cittadini colpiti dalla stretta sui crediti. Questi apparentemente accettano l’offerta e ringraziano. Il rapporto indica in circa 180.000 il numero delle persone che dovrebbero aver contratto un debito con il capo clan locale e che ogni anno pagano più di dodici miliardi di euro in interessi. Allo stesso tempo, i padrini utilizzano proprio ora le loro sostanziali riserve di contanti per acquistare a prezzi bassi immobili e aziende in difficoltà.
Sono finiti i tempi in cui i vari raggruppamenti agivano esclusivamente nell’ ombra dell’ illegalità. La droga, le armi, la tratta di esseri umani e le estorsioni rimangono tuttavia ancora le attività principali. Come ha recentemente dichiarato il ministro degli Interni Roberto Maroni, la sola ‘Ndrangheta calabrese, che domina il traffico di droga, ha un giro di affari annuo stimato in 45 miliardi di euro - equivalenti a quasi il tre per cento del prodotto interno lordo italiano.
La “Mafia SpA” si concentra sulla diversificazione delle sue aree di business. A seconda di come tira il vento, investe, incassa sovvenzioni o riclicla denaro nel campo del commercio, turismo, edilizia, sport e nella sanita’. La scandalo dei rifiuti a Napoli ha dimostrato al mondo intero ciò che un coinvolgimento della criminalità organizzata nell’ economia di mercato può generare.
Secondo Confesercenti, le organizzazioni mafiose del mezzogiorno si sono ora interessate vigorosamente anche al mercato alimentare. Le date di scadenza vengono falsificate, carne avariata viene messa in vendita, e panetterie illegale vengono aperte con conseguenze disastrose per la salute pubblica. Anche e soprattutto al mercato dei prodotti contraffatti: l’autore Roberto Saviano ha mostrato come si possono fare soldi con il commercio di copie illegali per esempio di capi firmati nel campo della moda. L’associazione dei commercianti parla di almeno 6,3 miliardi di euro l’anno.
Gli autori della relazione rimarcano come l’influenza dei padrini sui mercati sia stata “un vero e proprio investimento per il futuro”. La cosiddetta agro-mafia si e’ già garantita l’accesso in molti settori della filiera nel ramo alimentare: dalla produzione agricola fino all’arrivo dei prodotti alimentari nei porto, dalla vendita all’ingrosso a quella al dettaglio, dal confezionamento alla commercializzazione. “Influisce sulla concorrenza, sulla determinazione dei prezzi, sulla qualità degli alimenti e sul mercato del lavoro”, e’ stata l’allarmante conclusione.

Quanto guandagna un mafioso al mese

Manager, esperti finanziari, avvocati affermati ed esperti aiutano i clan in tutti gli aspetti legati alle attivita’ criminali. Anche se i riti arcaici rimangono - la società degli uomini d’onore e’ arrivata da molto nel 21simo secolo. Oggi i “familiari” sono in parte affiliati in una sorta di franchising e altri sono dipendenti con uno stipendio mensile stabile, che a volte lievita grazie a pagamenti extra.
La Confesercenti menziona nella sua relazione la cifra approssimativa dei pagamenti: un capo clan nel suo ruolo di amministratore delegato guadagna da 10.000 a 40.000 euro al mese, i suoi diretti sottoposti responsabili di zona fino a dieci mila euro. Uno spacciatore minorenne (Pusher) arriva a circa un migliaio di euro, un riscossore di denaro può portare a casa 2000 euro. Si può guadagnare di più nel campo degli “attentati e omicidi”. Qui si guadagnano cifre fino a 25.000 euro al mese.

Estorsione 24 ore su 24

Anche sul pizzo, la relazione non lascia domande senza risposta. Il “pizzo” è parte integrante della vita quotidiana italiana. Circa 160.000 proprietari di negozi in Italia pagano il pizzo, stando ai dati presentati nella relazione. Il tutto ammonta a circa nove miliardi di euro l’anno.
“Estorsione e usura sono attualmente molto diffusi nelle regioni di origine della mafia. Essi sono utilizzati per ottenere denaro sul proprio territorio e allo stesso tempo come mezzo di dominio e controllo di un settore”, ha affermato il Prefetto Giosuè Marino che coordina le misure di lotta contro il racket presso il Ministero degli Interni italiano.
Non solo ristoranti, negozi e imprese sono costrette a pagare - anche banche, società di gestione, scuole, e addiritture chiese non sono immuni dai lunghi tentacoli della “piovra”. Ad esempio, a Gela in Sicilia e’ stato recentemente arrestato un ricattatore che voleva imporre la protezione in cambio di denaro ad un sacerdote.
L’importo del pizzo varia in base alla localizzazione geografica e del clan. In tal modo, un supermercato a Palermo in Sicilia paga circa 5000 euro al mese, un negozio equivalente a Napoli circa 3000 euro. Un operatore del mercato se la cava con 1-10 euro mentre il proprietario di un elegante negozio nel centro della città deve sborsare tra i 750 e i mille euro qui.

Più arresti, meno denunce

Secondo la Confesercenti “le richieste dei mafiosi vengono reiterate con più forza quando le forze di polizia colpiscono i gruppi criminali. Il motivo è ovvio: anche i detenuti mafiosi devono essere sostenuti finanziariamente durante il loro soggiorno in prigione - per la loro fedeltà, per la segretezza, per la perdita del reddito e per le famiglie rimaste a casa senza mezzi.
Ma nonostante le numerose incursioni e arresti di boss mafiosi di spicco negli ultimi anni la fiducia nella legge sembra poca. In tal modo diminuisce continuamente la volontà di denunciare il pizzo, e non solo nelle regioni a forte presenza mafiosa quali Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, ma in tutto il paese.
Il commissario “Anti-Racket” Giosuè Marino non vede in questo la totale perdita di fiducia degli italiani nel loro sistema giuridico. “Dopo tutto, rispetto al passato almeno adesso si denuncia”, ha detto il prefetto. “Lo Stato è presente e aiuta le vittime di tali crimini”.
Effettivamente, il “Fondo di solidarietà” gestito dal Ministero dell’Interno ha assegnato, secondo stime interne, solo nell’anno in corso 23 milioni di euro di compensazione ad imprenditori che hanno presentato denuncia nei confronti dei loro estorsori. “Questa forma di sostegno finanziario non solo ha un significato pratico, ma anche simbolico. Le vittime non sono lasciate sole. Questo è un segnale importante”, ha detto Marino.
Molti soggetti colpiti si sono già organizzati in associazioni, le forze di polizia proteggono coloro i quali presentano denuncia. Abbiamo creato un sistema “denso e complesso che ha dato risultati eccellenti”, dice Marino. Grazie a tale sistema, molti imprenditori hanno potuto operare ancora all’interno di un’economia legale. A metà ottobre, il Consiglio dei ministri ha inoltre adottato un pacchetto che consentirà allo stato di controllare in misura maggiore l’operato delle banche e di metterele persino in uno stato di amministrazione speciale nei casi di emergenza.

La incresciosa doppia morale degli imprenditori

L’ Associazione dei commercianti ha allo stesso tempo criticato la mentalita’ dei “due pesi e due misure” che hanno alcuni imprenditori. Fintanto che sono in centro o nel nord Italia questi osservano solo le regole del mercato e le norme dello Stato. “Tuttavia, non appena questi hanno interessi nel sud Italia, si attengono alle regole dettate dalla mafia”. In tal modo, questi imprenditori riconoscono un diritto di sovranità della Mafia ad operare su quei territori.
Gli autori della relazione chiedono “una grande offensiva per la legalità”, vale a dire un’azione concertata da parte dello Stato e della società, un’ azione comune ai partiti nella lotta contro la criminalità organizzata. Le banche dovrebbero facilitare il credito alle piccole e medie imprese, e segnalare alle autorità prestiti e operazioni sospette.
Gli incentivi fiscali dovrebbero premiare quelli imprenditori che si rifiutano di pagare il pizzo. Come ha riferito il commissario Marino, In realtà il governo sta valutando la possibilità di sanzionare i commercianti che non denunciano i tentativi di estorsione.
I boss della mafia gradiranno tali misure in modo da riscuotere ancora più contanti dai commercianti: stimati in 250 milioni di euro al giorno, dieci milioni di euro all’ora, 160.000 euro al minuto.

Pino Corrias - Vanity Fair, 20 novembre 2008


Una della meravigliose qualità di Silvio Berlusconi è che non avendo opinioni, le ha tutte. E’ contemporaneamente filo americano e filo russo, sta con l’Europa, ma sta anche con i celti orobici della Lega che sono contro. E’ amico contemporaneamente dei cinesi e del Dalai Lama. Ai vertici internazionali difende i diritti umani. Ma se li scorda quando atterra a Tripoli per finanziare con 5 miliardi di euro la dittatura del suo amico Gheddafi. E’ per “il ritorno all’etica nella finanza”. Ma ha preteso la depenalizzazione del falso in bilancio per scampare a un po’ di processi.

Quando sta alla Casa Bianca è capace di travolgere il palchetto pur di baciare George W. Bush che resta immobile a guardarlo allarmato. Quando è nel gelido Cremlino si scalda con il colbacco e con gli abbracci a Putin e Medvedev, amici suoi, critica lo scudo spaziale americano, “una provocazione”, difende i carri russi in Georgia, sostiene che la tragedia cecena sia un’invenzione. Di fianco al leader turco Erdogan dice che l’Europa non sarà completa fino all’ingresso della Turchia, e lui si batterà per il popolo turco. Ma quando va all’Eliseo, dove abita il marito di Carla Bruni che i turchi in Europa non vuol farli neanche avvicinare, lui dice che niente lo divide dal suo amico Sarkozy.

Un volta l’ingegner Carlo De Benedetti, di ritorno da Londra dove aveva incontrato il primo ministro Tony Blair, raccontava lo stupore del leader britannico per il perenne sorriso di Silvio ai tavoli delle consultazioni: “E’ sempre d’accordo su tutto. Non chiede mai nulla”. Ma a pensarci bene: perché non dovrebbe sorridere, visto che gli stiamo dando (e si sta prendendo) tutto?

21 novembre 2008


Eluana Englaro è in stato vegetativo dal gennaio del 1992 a causa di un incidente stradale.
Il 13 novembre è stata pubblicata la sentenza della Corte di cassazione, pronunciata a Sezioni Unite, che ha dichiarato inammissibile l'impugnazione della Procura contro il decreto della Corte d'appello di Milano emesso il 9 luglio 2008 nel processo Englaro.
Il decreto impugnato autorizza "l'interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato tramite sondino nasogastrico" ed è stato pronunciato nel giudizio di rinvio dopo una precedente sentenza della Corte di cassazione (la sentenza n. 21748 del 16 ottobre 2007).
La massima che riassume l'ultima sentenza della Corte di cassazione si trova sul sito della Corte ed è la seguente:

"E’ inammissibile, per difetto di legittimazione, l’impugnazione presentata dal P.M. presso la Corte d'Appello avverso il decreto con il quale la stessa Corte d'Appello – applicando il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione (sentenza n. 21748 del 2007) – accoglieva l’istanza congiunta del tutore (padre) e del curatore speciale di persona in stato vegetativo permanente dal 1992 e autorizzava l'interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante alimentazione di sondino nasogastrico. All’esito di una compiuta ricostruzione della vicenda giudiziaria, le S.U., - facendo applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza e ripercorrendo le funzioni attribuite al P.M. nel processo civile – hanno, in particolare, chiarito che:
a) al fine di estendere il limitato potere di impugnazione del P.M. non varrebbe l’interpretazione estensiva della nozione di questioni attinenti allo "stato e capacità delle persone", atteso che anche in queste ipotesi alla previsione dell’intervento necessario del P.M. non si accompagna il potere di impugnazione, identificandosi le relative funzioni in quelle che svolge il Procuratore generale presso la Cassazione; b) non è utile il richiamo alla impugnazione nell’"interesse della legge" di cui al novellato art. 363 c.p.c.; c) la limitazione del potere di impugnazione del P.M. presso il giudice del merito si sottrae a dubbi di legittimità costituzionale, stante l’evidente ragionevolezza del non identico trattamento di fattispecie in cui viene in rilievo un diritto personalissimo di spessore costituzionale (autodeterminazione terapeutica), rispetto al quale è coerente che il P.M. non possa contrapporsi fino al punto della impugnazione di decisione di accoglimento della domanda di tutela del titolare, e fattispecie connotate da prevalente interesse pubblico, come quelle cui fa rinvio l’art. 69 c.p.c."

19 novembre 2008

14 novembre 2008

Marco Travaglio scrive:

Siccome, all'insaputa del Parlamento, ci ritroviamo alleati del regime russo del fasciocomunista Putin ("l'amico Vladimir"), anche a costo di attaccare l'ex "amico George" per una delle poche cose buone da lui fatte, cioè lo scudo spaziale in Europa dell'Est. Siccome, all'insaputa del Parlamento, siamo diventati addirittura alleati militari del regime bananoterrorista del Col. Gheddafi ("leader di libertà"), al quale verseremo in vent'anni 5 miliardi di dollari per "risarcirlo" di nonsisache. Siccome, all'insaputa del Parlamento, il portatore nano di democrazia ha appena promesso di dimezzare i tempi per l'ingresso in Europa del regime Turco di Erdogan, repressore di curdi e violatore di diritti umani. Siccome, mentre tutti si fissavano su Obama abbronzato, il Cainano si faceva paladino dell'invasione russa della Georgia arrivando a sostenere - per l'imbarazzo dello stesso Medvedev - che è stata la Georgia a invadere la Russia. Siccome Al Tappone ha ribadito anche ultimamente, sulla libertà di stampa e di satira, il medesimo concetto che ne hanno gli amici Putin, Erdogan e Gheddafi. Siccome l'ometto di Stato ha portato i brasiliani del suo Milan al vertice col presidente Lula, come già fece col presidente venezuelano Chavez passandogli al telefono Aida Yespica. Ecco, siccome abbiamo deciso di farci governare dalla destra, non è che gli amici americani ci prestano John Mc Cain anche solo per quattro anni? Volendo, secondo il "prendi uno paghi due", si trova un posto pure per Sarah Palin, purchè disarmata. Alle Pari Opportunità sarebbe proprio un bijou.

La Camera manda avanti il DDL anti-blog

Roma - Era ottobre 2007. Il consiglio dei ministri approvava il cosiddetto "DdL Levi-Prodi", disegno di legge che prevedeva per tutti i blog l'obbligo di registrarsi al Registro degli Operatori di Comunicazione e la conseguente estensione sulle loro teste dei reati a mezzo stampa.

La notizia, scoperta del giurista Valentino Spataro e rilanciata da Punto Informatico, fece scoppiare un pandemonio. Si scusarono e dissociarono i ministri Di Pietro e Gentiloni, ne rise il Times, Beppe Grillo pubblicò un commento di fuoco sul suo blog. Il progetto subì una brusca frenata e dopo un po' le acque si calmarono. Cadde il governo Prodi.

Un anno dopo: novembre 2008. Un altro giurista, Daniele Minotti, si accorge che il progetto di legge gira di nuovo nelle aule del nostro Parlamento, affidato in sede referente alla commissione Cultura della Camera (DdL C. 1269).
Minotti ne fa una breve analisi sul proprio blog, marcando le diversità fra il nuovo testo e quello precedente. Abbiamo tuttavia alcune differenze di interpretazione. Diamo insieme un'occhiata ai punti salienti del progetto di Legge per capire cosa possono aspettarsi i navigatori e i blogger italiani:

Art. 2.
(Definizione di prodotto editoriale).

1. Ai fini della presente legge, per prodotto editoriale si intende qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione o di intrattenimento e destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso.

Qualsiasi blog rientra in questa definizione.

Art. 8.
(Attività editoriale sulla rete internet).

1. L'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale sulla rete internet rileva anche ai fini dell'applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa.

3. Sono esclusi dall'obbligo dell'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione i soggetti che accedono alla rete internet o che operano sulla stessa in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un'organizzazione imprenditoriale del lavoro.

All'apparenza il comma 3 escluderebbe la maggioranza dei blog dall'obbligo di registrazione e dai correlati rischi legali. Ma non è così. Ecco alcuni esempi pratici.

Il blog di Beppe Grillo ha una redazione, ha banner pubblicitari, vende prodotti. In parole povere: sia secondo il Codice Civile, sia secondo la comune interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, fa attività di impresa. Se il progetto di legge fosse approvato, perciò, Beppe Grillo avrebbe con tutta probabilità l'obbligo di iscriversi al ROC. Non solo: sarebbe in questo modo soggetto alle varie pene previste per i reati a mezzo stampa.

Affari suoi, diranno forse alcuni. Eppure non è l'unico a doversi preoccupare. Nella stessa situazione si troverebbero decine, probabilmente centinaia di altri ignari blogger. Infatti: chiunque correda le proprie pubblicazioni con banner, promozioni, o anche annunci di Google AdSense, secondo la comune interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, fa attività di impresa.

Il ragionamento è semplice. L'apposizione di banner è un'attività pubblicitaria continuativa che genera introiti; una prestazione continuativa è un'attività di impresa; chi fa impresa grazie alle proprie pubblicazioni deve registrarsi al ROC; chi è registrato al ROC può incorrere nei reati di stampa. Chi invece è in questa situazione e non si registra al ROC, può essere denunciato per stampa clandestina (ricordiamo un caso recente).

Per quanto in nostra conoscenza, manca ancora un pronunciamento strettamente ufficiale dell'Agenzia delle Entrate (interpello) se l'uso di qualche banner rientri nelle attività dell'impresa (ma l'orientamento è piuttosto chiaro: banner = attività lucrosa continuativa; attività lucrosa continuativa = impresa).

Per questa ragione, se il progetto di Legge venisse approvato come è ora proposto, saremmo nel migliore dei casi di fronte ad una legge passibile di più interpretazioni e quindi potenzialmente molto pericolosa. Facciamo un esempio di fantasia, ambientato a Paperopoli.

Rockerduck: "Se non cancelli l'articolo sul tuo blog che parla male di me, ti trascino in tribunale per diffamazione a mezzo stampa."
Paperino: "Ma il mio blog non è una testata!"
Rockerduck: "Però hai un banner pubblicitario, quindi potresti essere un'impresa, e quindi devi iscriverti al ROC. Anzi, se non togli l'articolo ti denuncio pure per stampa clandestina."
Paperino: "Ok. Sob."

Provate a sostituire "Rockerduck" con "picciotto" e "Paperino" con "cittadino" e il gioco è fatto.

Luca Spinelli

13 novembre 2008

Il Paese è in pieno delirio. I nostri dipendenti in Parlamento sono dentro un manicomio. Tra di loro si capiscono, ma non sanno più cos’è la realtà. La confondono con i loro interessi privati o di partito. Il futuro sono le centrali nucleari, gli inceneritori, i parcheggi, i ponti sugli stretti, il tunnel in Val di Susa, il digitale terrestre e la magistratura al guinzaglio. Sono deliri alla veltrusconi. Le chiamano posizioni dialoganti. Dipendiamo dall’estero per l’energia e non sfruttiamo le rinnovabili. Dipendiamo dall’estero per i beni alimentari e asfaltiamo i campi di grano.

Abbiamo uno dei più grandi debiti pubblici del mondo e regaliamo cinque miliardi di euro alla Libia. L’Egitto importa dall’Ucraina il pane e noi Chernobyl. La Russia minaccia ritorsioni nucleari per la Georgia e le basi atomiche americane con 90 testate nucleari le abbiamo noi, a Ghedi Torre e ad Aviano.

I pazzi non sanno di esserlo e credono che i veri pazzi siano i sani di mente. Non abbiamo alternative alla democrazia fai da te, all’autogoverno, al presidio del territorio, alla partecipazione a ogni decisione che riguarda la collettività. Fuori dal delirio, dentro la realtà.

Beppe Grillo

Marco Travaglio scrive:


Quando nasce un nuovo giornale, specialmente in Italia, dovrebbe essere una festa per tutti. Quando poi questo giornale è diretto da un grande del giornalismo controcorrente, cioè del giornalismo e basta come Massimo Fini, la festa è almeno doppia. I furbetti (come il Mentana di ieri sera) che ripetono a pappagallo che l’Italia è il paese più libero del mondo dovrebbero rispondere, se ci riescono, a questa semplicissima domanda: perché Massimo Fini, da anni e anni, è confinato in piccoli giornali marginali, anziché scrivere - come meriterebbe per il pubblico che ha e per le cose che sa - sulla grande stampa? Perché, che comandi la destra o la sinistra, in televisione non c’è mai posto per lui?

Massimo, non essendo un piagnone, non è il tipo da lamentarsi. A costo di scrivere sui muri, ha sempre trovato il modo di combattere le sue battaglie solitarie. Ha aperto un blog, a costo di violentare la sua antimodernità (ma non ha ancora un telefonino). Ha fatto teatro (con “Cyrano”). E ora ha fondato un piccolo giornale di battaglia, “La Voce del Ribelle”, 64 pagine. Non è ancora il quotidiano libero che molti sognano. Ma è un giornale libero, che nessuno è tenuto a condividere (di me, per esempio, nel primo numero si parla molto criticamente), ma che fa bene alla salute mentale di chi non ha ancora portato il cervello all’ammasso. Chi ha la sensazione che i quotidiani italiani tendano sempre più a essere tutti uguali (il che forse spiega il crollo delle vendite di quasi tutti in edicola), troverà nella Voce del Ribelle qualcosa di radicalmente diverso, alternativo. Sia per la scelta degli argomenti, sia soprattutto per il punto di vista dal quale li si guarda. E’ il punto di vista spiazzante (“talebano”, direbbe Fini) che chi ha letto “Sudditi”, “Il vizio oscuro dell’Occidente”, “Il denaro sterco del demonio”, “La ragione aveva torto”, “Il Conformista” e altre sue opere ben conosce.

E’ un giornale povero e autofinanziato, non può permettersi la distribuzione in edicola e dunque si trova in alcune selezionate librerie, oppure è disponibile in abbonamento. Basta sintonizzarsi sul sito www.ilribelle.com (dove è presente anche un archivio storico di tutti gli articoli scritti da Fini negli ultimi 30 anni) o telefonare allo 06/97274699. Chi si abbona riceve la rivista e sostiene una voce diversa. Io l’ho fatto.

5 novembre 2008



GOMA – All’imbrunire, intorno alle 6 di sera, Goma, capitale del Nord Kivu, nel Congo orientale, diventa spettrale. Le strade si svuotano completamente. Non c’è un lampione a rischiararle e le sole luci vengono dai cinque o sei fetenti alberghi dove si rintanano i visitatori, giornalisti, funzionari delle Nazioni Unite e qualche businessman piombato qui come un avvoltoio a vendere probabilmente una partita d’armi. La città è devastata: in centro negozi con le porte di ferro letteralmente sventrate e gli interni devastati. Colpiti – come sarebbe immaginabile - non i negozi di generi alimentari, ma soprattutto quelli che vendono telefonini, gadget elettronici, biciclette e motorini. Segno che i soldati sbandati che hanno razziato la città, non erano poveracci affamati in cerca di cibo, ma rapinatori che hanno approfittato della mancanza di autorità per colpire. Ora l’abitato è stata ripreso in mano dai governativi ma resta circondato dalle truppe del generale ribelle Laurent Nkunda Batware.

Nonostante la tregua unilaterale dichiarata da Nkunda, ottanta chilometri più a nord, a Rutchru, ieri sono ripresi violenti i combattimenti. «Questo vuol dire altri sfollati in arrivo che si aggiungeranno ai 200 mila scappati negli ultimi giorni e ai due milioni che vagano da oltre dieci anni», protesta il doganiere che ieri ci ha accolto al posto di frontiera con il Ruanda a poche centinaia di metri dal centro di Goma. Gli uomini di Nkunda sono stati attaccati dalle milizie tribali filogovernative mai-mai. I loro guerrieri vengono addestrati tra un misto di magia nera, misticismo africano e fanatismo religioso. Prima di andare in battaglia si preparano con riti propiziatori; si spalmano il corpo con un unguento sacro che – secondo i loro capi – li rende immortali. Così le pallottole una volta che toccano il loro corpo si trasformeranno in acqua. Mai-mai significa acqua, appunto.

A subire le più gravi conseguenza della catastrofe umanitaria sono, come sempre, le donne e i bambini. La prime violentate, i secondi abbandonati e spesso recrutati con la forza dai belligeranti. “Ieri abbiamo rintracciato ben 37 ragazzini fuggiti da casa per entrare nelle file dei mai-mai – racconta Jaya Murthy che lavora all’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia - . O forse non erano fuggiti, ma semplicemente separati dalle famiglia e sono caduti facilmente nelle grinfie delle milizie che gli lavano il cervello. Hanno tra gli otto e i dodici anni. Alcuni di loro erano già stati salvati in precedenza e sottratti alla guerra”. “Nell’ultima settimana – continua Murthy – più di centomila persone, e di queste 60 per cento bambini. hanno abbandonato le loro case. Si sono aggiunti ai 250 mila scappati negli ultimi due mesi. Vagano per il nord Kivu senza acqua potabile e senza cure mediche. E’ difficile localizzarli. Non sappiamo neppure dove siano. Sappiamo però che la loro condizione è disperata. Ci sono centinaia di bambini intrappolati. Separati dalle famiglie vagano senza meta ma soprattutto senza cibo e bevono l’acqua che trovano, sporca o inquinata. C’è il rischio che non facciano in tempo a imparare a sopravvivere in queste condizioni”. Le malattie sono in agguato le organizzazioni umanitarie temono che possa scoppiare da un momento all’altro un epidemia di morbillo, di colera o di malaria, patologie che anche senza l’emergenza falciano ogni hanno la vita di decine di migliaia di piccoli. “Ma temiamo un’altra cosa – conclude Murthy -. I bambini sfollati senza famiglia, affamati e disperati possono essere facilmente sfruttati, violentati o reclutati da gruppi armati. Quello che sta accadendo”.

In Congo l’anno scolastico era appena cominciato e in Kivu è stato bruscamente interrotto, esattamente come l’ottobre dell’anno scorso. Giulia Pigliucci, del Vis (Volontariato per lo Sviluppo), incalza: “Qui c’è una generazione di bambini che non hanno più sentimenti. Sono i figli del genocidio del 1994. A 14 anni molti di loro sono stati costretti ad andare in guerra. Come cresceranno? Se questi ragazzi avranno dei figli saranno capaci di dargli un cuore”. Giulia conferma anche il pericolo di epidemie. “Nel nostro centro sono stipati un migliaio di profughi e tra i ragazzini abbiamo una dozzina di casi di presunto colera”. Clio Van Cauter, che segue l’ufficio stampa di Medici Senza Frontiere a Goma, ammonisce: “E’ imperativo garantire la sicurezza della popolazione altrimenti continuerà a scappare e noi a cercarla. Occorre cibo, acqua pulita, medicinali, coperte, tende”. Poi continua: “Abbiamo potuto contare 69 casi di colera attorno a Goma e 20 a Kitchanga Vicino Rutshuru abbiamo registrato ogni giorno dai 5 ai 10 casi”. Sul piano militare sembra che la Monuc (la missione delle Nazioni Unite in Congo forte di 17 mila uomini di cui 6000 in Nord Kivu, la regione di Goma) non abbia ancora nessuna intenzione di intervenire. In un comunicato uno dei suoi comandanti, Alain Le Roy, in visita a Goma, ieri ha specificato che il mandato dei caschi blu e di proteggere i civili e sostenere la politica dell’esercito per disarmare le forze ribelli. “Non è nostro compito – ha concluso – difendere le città”. Una dichiarazione che ha lasciato sorpresi. “Come si difendono gli abitanti di una città se non si difende la città?”, si è chiesto sconsolato il doganiere che ha chiuso i suoi uffici dopo aver fatto passare i giornalisti, ultimi viandanti (la frontiera si passa a piedi) diretti a Goma”.

2 novembre 2008

Il cittadino informato è un cittadino incazzato
il cittadino informato e disoccupato può diventare
un terrorista della libertà!!!