24 giugno 2008

VERGOGNA!!!

La norma «blocca-processi»

L'emendamento contestato dall'opposizione inserito
nel decreto legge sulla sicurezza

«Art. 2-bis».

(Sospensione dei processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002)

1. Al fine di assicurare la priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti di cui all'articolo 132-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché dei procedimenti da celebrarsi con giudizio direttissimo e con giudizio immediato, i processi penali relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002 che si trovino in uno stato compreso tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado, sono immediatamente sospesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per la durata di un anno. In caso di pluralità di reati contestati, si ha riguardo alla data dell'ultimo reato.

2. Nei casi di cui al comma 1, il corso della prescrizione rimane sospeso durante la sospensione del procedimento o del processo penale. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la sospensione.

3. La comunicazione della sospensione del processo con l'eventuale indicazione della nuova data d'udienza è notificata con le modalità di cui all'articolo 148, comma 2-bis, del codice di procedura penaIe, ai difensori delle parti e al pubblico ministero.

4. Nel processo sospeso, ove ne ricorrano i presupposti, il giudice può comunque provvedere ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale.

5. La parte civile costituita può trasferire l'azione in sede civile. In tal caso, i termini a comparire di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile sono abbreviati fino alla metà, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.

6. La sospensione non opera nei procedimenti relativi ai delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale, ai delitti di criminalità organizzata, ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a dieci anni determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale, ai reati commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in ogni caso, ai procedimenti con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede.

7. Al fine di assicurare la priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del tribunale può sospendere i processi quando i reati in essi contestati sono prossimi alla prescrizione e la pena eventualmente da infliggere non sarebbe eseguibile ai sensi della legge 31 luglio 2006, n. 241.

8. L'imputato può richiedere al Presidente del tribunale di non sospendere il processo. Il Presidente del tribunale, valutate le ragioni della richiesta, le esigenze dell'ufficio e lo stato del processo, provvede con ordinanza, notificata con le modalità di cui al comma 3.

9. L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale e il pubblico ministero possono formulare la richiesta di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale entro tre giorni dalla notifica di cui al comma 3 o nella prima udienza utile successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche nei processi nei quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, risulti decorso il termine previsto dall'articolo 446 comma 1 del codice di procedura penale e sino alla dichiarazione di chiusura del dibattimento. La richiesta può essere formulata anche quando sia stata già presentata nel corso del procedimento, ma vi sia stato il dissenso da parte del pubblico ministero ovvero sia stata rigettata dal giudice, e sempre che la nuova richiesta non costituisca mera riproposizione della precedente».

(da www.senato.it)

10 giugno 2008

Pubblico il testo dell'intervento di Marco Travaglio.

da www.beppegrillo.it

"Buongiorno a tutti.

Allora, sia nel blog di Beppe un certo Daniele mi chiede della legge sulle intercettazioni che è stata annunciata da Berlusconi al convegno dei giovani industriali a Santa Margherita Ligure – mi chiede e mi domanda se potrebbe essere incostituzionale o oggetto di un pronunciamento della Corte di Giustizia Europea – sia sul mio blog, voglioscendere.it, Cle e Carla C. mi chiedono anch’esse di parlare di questa legge. E allora parliamone perché è il tema del giorno e credo che rimarrà il tema della settimana e forse del mese. Siamo alla prima legge vergogna che riguarda i processi di Berlusconi e che ha qualche speranza di passare, dopo quella per ora tramontata sul patteggiamento allargato che avrebbe spostato in là i processi al Cavaliere. Intanto vediamo quello che vuole fare Berlusconi, secondo quanto lui ha annunciato di voler fare. Lui ha detto: “divieto assoluto di intercettazioni, salvo per i reati di mafia, di camorra, di ‘ndrangheta, di criminalità organizzata e di terrorismo”. Per chi le fa, cioè per i giudici che le dispongono al di fuori di questi reati – ammesso che ce ne siano ancora, ovviamente – e per gli agenti che poi le realizzano assieme ai gestori telefonici che prestano il loro supporto: cinque anni di galera. Questa la pena massima prevista. Per i giornalisti che le pubblicano, cinque anni di galera anche a loro. Si corona così il sogno del Cavaliere di arrestare tutti coloro che lo dovrebbero controllare e che lo controllano ancora, cioè magistrati e giornalisti. Invece di arrestare le persone che vengono intercettate e hanno commesso dei reati, si decide di arrestare coloro che le hanno scoperte e coloro che lo hanno fatto sapere. Che già non è male, devo dire. In più prevede, dice lui, “una forte penalizzazione economica per gli editori che pubblicano questi articoli contenenti intercettazioni”. Quindi, in teoria, dovrebbe essere condannata anche la sua famiglia, visto che i suoi giornali hanno abbondantemente pubblicato intercettazioni - sempre quelle degli altri di solito, mai le sue. L’annuncio era già scritto nel programma della Casa delle Libertà, era già stato detto in campagna elettorale. Il problema è che Berlusconi ha questa grande fortuna: viene sempre sottovalutato. Si dice: “sì, lui dice così. Poi in realtà non è vero…”. No, in realtà è vero. E infatti, ciò che sembrava impossibile, il divieto di intercettazioni per tutti i reati che non siano di mafia e terrorismo – stando a quello che lui dice, sempre che non sia stato frainteso o non parlasse a titolo personale – sarà oggetto della prossima legge in materia di giustizia. E così sono serviti tutti quegli allocchi, magistrati, associazione magistrati, partito democratico, che pensavano di poter dialogare con un soggetto del genere. Per fortuna che a mettersi di traverso contro il dialogo è sempre Berlusconi poi, alla fine. È interessante il fatto che lui annunci tutto questo proprio mentre a Napoli e dintorni lui va predicando che con lui ritorna lo Stato, arriva il pugno di ferro, arriva la tolleranza zero, arriva la certezza della pena. Arriva il castigamatti, insomma, e bisogna rigare diritto. E annuncia una legge che va esattamente in controtendenza. Non è una legge “ad personam”, nel senso che non serve solo a lui. È una legge “ad personas” nel senso che serve a tutta la classe dirigente. È un altro cunicolo enorme scavato sotto le carceri e sotto i tribunali per farci passare naturalmente le solite pantegane grandi così, ma da quello stesso cunicolo passeranno anche topolini medi e piccoli, che sono poi quelli che vanno ad accrescere l’emergenza sicurezza, la percezione di insicurezza. Ragion per cui poi bisogna ritornare indietro e fare altri pacchetti sicurezza. È un continuo. È il pendolo che una settimana dopo le norme per la sicurezza, torna indietro e si mette a salvare i colletti bianchi, ma anche, come vedremo fra un attimo, le principali categorie criminali che rendono rinomato nel mondo il nostro Paese. Facciamo degli esempi. Per l’omicidio, ad esempio, non è più possibile intercettare, se ha un senso quello che ha detto Berlusconi. Perché l’omicidio non è né mafia, né ‘ndrangheta, né camorra, o meglio, ci sono anche omicidi che non fanno parte di quelle organizzazioni. Per l’omicidio semplice - cioè io ammazzo un tizio non essendo un camorrista, un mafioso, un ‘ndranghetista e nemmeno un terrorista – non mi possono intercettare. Di solito, per scoprire chi è stato ad uccidere una persona si mettono sotto intercettazione tutti quelli che fanno parte della sua cerchia: parenti, amici, conoscenti, colleghi di lavoro per cercare qualche attinenza tra la morte di quella persona e le conoscenze che ha. Non si potrà più fare. Quindi, molti più omicidi impuniti. Okay?
Rapine in banca. Mettiamo che per fortuna una telecamera abbia ripreso di sguincio uno dei rapinatori e che gli inquirenti illuminando bene le immagini riescano a intuire chi potrebbe essere fra le loro vecchie conoscenze, spulciando tra le foto segnaletiche. Bene, per trovare la prova che è veramente lui gli mettono il telefono sotto controllo, vedono se parla di bottino. Se ne parla con altri complici, arrestano anche i complici e si riesce a sgominare la banda. Non si potrà più fare. La rapina, se non è fatta da mafiosi, camorristi o terroristi, sarà impossibile, o quasi, da punire...

6 giugno 2008

Come riciclare!!!

Con la raccolta differenziata si utilizzano i rifiuti in maniera intelligente, restituendoli all'ambiente che ci circonda senza sprechi e senza inquinare. Attraverso speciali trattamenti ed impianti innovativi, il materiale raccolto viene riciclato, riutilizzato e si trasforma in materie prime.

La carta viene riutilizzata per produrre altra carta, la plastica viene recuperata per altri imballaggi elementi di arredo urbano e fibre tessili, il vetro viene lavorato negli impianti di fusione e riciclato all'infinito senza perdere mai le sue qualità, l'alluminio possiede caratteristiche ottimali per il riciclo: è una materia che dà vita ogni volta a nuovi prodotti. I rifiuti organici opportunamente trattati, si trasformano in compost, concime utilissimo in agricoltura. I residui non riciclabili vengono recuperati con gli impianti di termovalorizzazione che permettono di ottenere energia elettrica.

Niente viene sprecato. Riduciamo le sostanze inquinanti, l'impatto ambientale e assicuriamo uno sviluppo sostenibile. Ogni cosa ha un suo posto in natura. Ogni cosa trova posto con la raccolta differenziata.

Ricordarsi di effettuare la raccolta dei materiali puliti senza residui. Schiacciare gli imballaggi per evitare che occupino troppo spazio Introdurre i rifiuti ben chiusi nei sacchetti e non lasciare mai sacchetti o imballaggi di nessun tipo all'esterno dei contenitori, della campane di raccolta o dei cassonetti rsu. Per i rifiuti domestici ingombranti e rifiuti pericolosi informarsi sulla stazione ecologica più vicina dove verranno conferiti in maniera corretta. Vanno eliminati in maniera sicura perché possono provocare gravi danni all'ambiente.

Se i rifiuti non trovano spazio per volume e tipologia nei cassonetti e nella raccolta differenziata vi sono delle stazioni ecologiche a cui portare.

Rifiuti ingombranti metallici (scansie lavatrici biciclette ), materassi e reti, mobilio in legno, frigoriferi, televisori, computer, monitor, stampanti e cartucce, vetro di grandi dimensioni, pneumatici, batterie e pile esaurite, sfalci e potature, contenitori di plastica, abiti usati (meglio metterli nei raccoglitori delle associazioni), pesticidi, farmaci scaduti (anche nei riciclatori delle farmacie), contenitori contrassegnati dal teschio o dalla fiammella, tubi e lampade fluorescenti, oli minerali e vegetali da cucina, vernici, solventi, inchiostri, sanitari ed inerti.


...e se non ci fossero i politici???

4 giugno 2008



di MISAKO HIDA



Pubblichiamo l'articolo che ha vinto il premio giornalistico "Media for Labour Rights", indetto dall'ILO, l'agenzia dell'Onu per i diritti del Lavoro.


"Tutto il tempo che ho passato è stato sprecato". In una giornata di marzo del 1999, ancora prima che i germogli di ciliegio cominciassero a sbocciare, un ragazzo di 23 anni, Yuji Uendan, in preda a una forte depressione causata dall'eccesso di lavoro, si è tolto la vita. È stato trovato nel suo appartamento di Kumagaya, alla periferia di Tokyo, con quelle parole scribacchiate su una lavagnetta bianca che usava per l'elenco degli appuntamenti giornalieri.

Uendan aveva lavorato per quasi 16 mesi come ispettore di apparecchiature per la produzione di semiconduttori, in una stanza asettica con una luce soffusa giallastra nella fabbrica della Nikon a Kumagaya, vestito dalla testa ai piedi con una divisa bianca sterile.

Era stato assunto dall'appaltatrice Nextar (oggi Atest) che lo mandava per incarichi a termine alla Nikon, una delle principali produttrici giapponesi di macchine fotografiche e dispositivi ottici. Uendan faceva turni di giorno e di notte di 11 ore a rotazione, con straordinari e viaggi extra che gli facevano raggiungere le 250 ore al mese.

Nel suo ultimo periodo di lavoro all'interno della fabbrica era arrivato a 15 ore consecutive senza un giorno libero. Soffriva di mal di stomaco, insonnia, intorpidimento delle estremità. In poco tempo era dimagrito di 13 chili.

"Aveva la faccia molto tirata" racconta la madre, Noriko Uendan, 59 anni, che ha cominciato a soffrire di angina dalla morte del figlio e ora porta sempre con sé pillole di nitroglicerina. "Mi fa soffrire pensare a quanti giorni è rimasto lì, da solo, prima che lo trovassero".

Nel marzo del 2005, il tribunale distrettuale di Tokyo ha dichiarato che sia la Nextar sia la Nikon erano da ritenersi responsabili per la morte di Uendan e ha ordinato a entrambe le aziende il risarcimento dei danni. "È stata una vittoria senza precedenti per i lavoratori temporanei", ha detto l'avvocato di Uendan, Hiroshi Kawahito, che è anche segretario generale del Consiglio di difesa nazionale per le vittime di "Karoshi". L'espressione giapponese che sta a significare "morto per eccesso di lavoro" ormai è stata adottata anche dalla lingua inglese, basta consultare il dizionario Oxford.

"Si è trattato del primo caso in cui non solo l'azienda che forniva personale temporaneo, ma anche quella che lo riceveva, sono state condannate per negligenza" ha aggiunto Kawahito. Ma la causa non è conclusa. Entrambe le aziende sono ricorse in appello, ma la madre della vittima non intende darsi per vinta.

La battaglia legale perciò continua alla corte d'appello di Tokyo, dove alla fine di gennaio si è tenuta la dodicesima udienza. "Negli ultimi anni, sempre più lavoratori temporanei sono stati costretti a lavorare tanto quanto i dipendenti a tempo pieno ed è molto comune che le società appaltatrici forniscano illegalmente ai propri clienti dipendenti di fatto come se fossero interinali o temporanei", dice Koji Morioka, professore di economia e autore di The Age of Overwork, L'era del lavoro eccessivo. "Visto lo status quo, il caso di Uendan ha un'importanza particolare perché si è trattato in assoluto della prima richiesta di indennizzo per il suicidio di un lavoratore temporaneo a causa di straordinari ed eccesso di lavoro."

La questione del "karojisatsu", letteralmente "suicidio dovuto all'eccesso di lavoro" è un problema serio in Giappone. Il numero di suicidi è aumentato drasticamente, superando i 30 mila casi dal 1998, quando il tasso di disoccupazione raggiunse un record dai tempi del dopoguerra. Secondo gli ultimi dati dell'Organizzazione mondiale della Sanità, il numero di suicidi in Giappone è quasi il doppio di quello negli Stati Uniti. L'ultimo studio dell'agenzia di Polizia nazionale giapponese evidenzia che nel 2006 si sono tolte la vita, in tutto il paese, 32.155 persone. Kawahito stima che più di cinquemila suicidi ogni anno sono il risultato della depressione causata da eccesso di lavoro.

Secondo le ultime stime dell'Organizzazione internazionale del Lavoro, ILO, il Giappone detiene il primato di dipendenti che superano le 50 ore a settimana (28,1 per cento), mentre nella maggior parte dei paesi dell'Unione Europea, la cifra non va oltre il 10 percento (in Italia siamo al 4,2 per cento).

"L'era del lavoro eccessivo" riporta che la quota di ferie retribuite da parte dei dipendenti giapponesi è scesa al 47 percento nel 2004 dal 61 per cento del 1980. "I troppi straordinari quasi impediscono ai lavoratori di godere di ferie retribuite e questo costituisce un problema" sostiene Kosuke Hori, a capo dell'Associazione giapponese degli avvocati del lavoro.

Il Giappone non ha ratificato alcuna Convenzione dell'ILO sull'orario lavorativo, comprese la Convenzione 132 relativa alle ferie retribuite e la Convenzione 1 sulle ore di lavoro. La legge nazionale non mette un tetto al lavoro straordinario per certe professioni e in certe condizioni. "Quando si tratta di ore lavorative - Marioka scrive nel suo libro - in Giappone non c'è alcun riferimento agli standard internazionali".

"Ho giurato su mio figlio mentre era in coma che non mi sarei mai arresa - ha detto la madre di Yuji Uendan - e spero davvero che in futuro le aziende giapponesi lascino avere vite dignitose ai propri dipendenti, tanto da arrivare a morire di vecchiaia".


*Misako Hida è una giornalista freelance giapponese che scrive da New York per le riviste The Economist, Sunday Mainichi, Toyo Business e Newsweek Japan.
Con l'articolo "The Land of Karoshi" ha vinto il premio giornalistico "Media for Labour Rights" istituito dal Centro internazionale di formazione dell'ILO, che ha sede a Torino. L'ILO è l'agenzia dell'Onu per i diritti del lavoro e il premio, alla sua prima edizione, è legato al progetto di formazione per giornalisti e operatori dei media volto a diffondere la conoscenza degli standard internazionali del lavoro. In questi giorni si tiene a Ginevra la 97° Conferenza Internazionale del Lavoro, appuntamento annuale in cui l'ILO riunisce i rappresentanti dei ministeri del welfare, delle organizzazioni sindacali e delle imprese di tutto il mondo per discutere delle tendenze globali dell'occupazione e promuovere il lavoro dignitoso (Decent work).

(4 giugno 2008)