24 novembre 2008

Come la mafia ha beneficiato della crisi finanziaria

La Mafia corrompe, investe e si espande. Con un fatturato complessivo di 130 miliardi di euro, è una delle principali aziende in Italia. Anche la crisi finanziaria non tocca i padrini. Al contrario, sulla crisi ci guadagnano addirittura.

Amburgo - Il bilancio della criminalità organizzata parla da solo: ogni anno, Cosa Nostra, la Camorra, la ‘Ndrangheta calabrese e la Sacra Corona Unita pugliese fanno circa 70 miliardi di euro di profitto. E il successo economico delle “holding” criminali continua.
“La crisi finanziaria rende la mafia ancora più pericolosa”, ha avvertito oggi Marco Venturi, il presidente dell’ associazione dei commercianti Confesercenti, in occasione della pubblicazione del rapporto “SOS Impresa”. Da questo rapporto sono estratte le cifre riportate. La relazione illustra in dettaglio le attuali attività della mafia - e per questo ha causato anche notevoli agitazioni.
Perché: dove le banche falliscono a causa della crisi finanziaria, si inseriscono ora i membri delle “famiglie” e prestano facilmente denaro alle piccole imprese e ad altri cittadini colpiti dalla stretta sui crediti. Questi apparentemente accettano l’offerta e ringraziano. Il rapporto indica in circa 180.000 il numero delle persone che dovrebbero aver contratto un debito con il capo clan locale e che ogni anno pagano più di dodici miliardi di euro in interessi. Allo stesso tempo, i padrini utilizzano proprio ora le loro sostanziali riserve di contanti per acquistare a prezzi bassi immobili e aziende in difficoltà.
Sono finiti i tempi in cui i vari raggruppamenti agivano esclusivamente nell’ ombra dell’ illegalità. La droga, le armi, la tratta di esseri umani e le estorsioni rimangono tuttavia ancora le attività principali. Come ha recentemente dichiarato il ministro degli Interni Roberto Maroni, la sola ‘Ndrangheta calabrese, che domina il traffico di droga, ha un giro di affari annuo stimato in 45 miliardi di euro - equivalenti a quasi il tre per cento del prodotto interno lordo italiano.
La “Mafia SpA” si concentra sulla diversificazione delle sue aree di business. A seconda di come tira il vento, investe, incassa sovvenzioni o riclicla denaro nel campo del commercio, turismo, edilizia, sport e nella sanita’. La scandalo dei rifiuti a Napoli ha dimostrato al mondo intero ciò che un coinvolgimento della criminalità organizzata nell’ economia di mercato può generare.
Secondo Confesercenti, le organizzazioni mafiose del mezzogiorno si sono ora interessate vigorosamente anche al mercato alimentare. Le date di scadenza vengono falsificate, carne avariata viene messa in vendita, e panetterie illegale vengono aperte con conseguenze disastrose per la salute pubblica. Anche e soprattutto al mercato dei prodotti contraffatti: l’autore Roberto Saviano ha mostrato come si possono fare soldi con il commercio di copie illegali per esempio di capi firmati nel campo della moda. L’associazione dei commercianti parla di almeno 6,3 miliardi di euro l’anno.
Gli autori della relazione rimarcano come l’influenza dei padrini sui mercati sia stata “un vero e proprio investimento per il futuro”. La cosiddetta agro-mafia si e’ già garantita l’accesso in molti settori della filiera nel ramo alimentare: dalla produzione agricola fino all’arrivo dei prodotti alimentari nei porto, dalla vendita all’ingrosso a quella al dettaglio, dal confezionamento alla commercializzazione. “Influisce sulla concorrenza, sulla determinazione dei prezzi, sulla qualità degli alimenti e sul mercato del lavoro”, e’ stata l’allarmante conclusione.

Quanto guandagna un mafioso al mese

Manager, esperti finanziari, avvocati affermati ed esperti aiutano i clan in tutti gli aspetti legati alle attivita’ criminali. Anche se i riti arcaici rimangono - la società degli uomini d’onore e’ arrivata da molto nel 21simo secolo. Oggi i “familiari” sono in parte affiliati in una sorta di franchising e altri sono dipendenti con uno stipendio mensile stabile, che a volte lievita grazie a pagamenti extra.
La Confesercenti menziona nella sua relazione la cifra approssimativa dei pagamenti: un capo clan nel suo ruolo di amministratore delegato guadagna da 10.000 a 40.000 euro al mese, i suoi diretti sottoposti responsabili di zona fino a dieci mila euro. Uno spacciatore minorenne (Pusher) arriva a circa un migliaio di euro, un riscossore di denaro può portare a casa 2000 euro. Si può guadagnare di più nel campo degli “attentati e omicidi”. Qui si guadagnano cifre fino a 25.000 euro al mese.

Estorsione 24 ore su 24

Anche sul pizzo, la relazione non lascia domande senza risposta. Il “pizzo” è parte integrante della vita quotidiana italiana. Circa 160.000 proprietari di negozi in Italia pagano il pizzo, stando ai dati presentati nella relazione. Il tutto ammonta a circa nove miliardi di euro l’anno.
“Estorsione e usura sono attualmente molto diffusi nelle regioni di origine della mafia. Essi sono utilizzati per ottenere denaro sul proprio territorio e allo stesso tempo come mezzo di dominio e controllo di un settore”, ha affermato il Prefetto Giosuè Marino che coordina le misure di lotta contro il racket presso il Ministero degli Interni italiano.
Non solo ristoranti, negozi e imprese sono costrette a pagare - anche banche, società di gestione, scuole, e addiritture chiese non sono immuni dai lunghi tentacoli della “piovra”. Ad esempio, a Gela in Sicilia e’ stato recentemente arrestato un ricattatore che voleva imporre la protezione in cambio di denaro ad un sacerdote.
L’importo del pizzo varia in base alla localizzazione geografica e del clan. In tal modo, un supermercato a Palermo in Sicilia paga circa 5000 euro al mese, un negozio equivalente a Napoli circa 3000 euro. Un operatore del mercato se la cava con 1-10 euro mentre il proprietario di un elegante negozio nel centro della città deve sborsare tra i 750 e i mille euro qui.

Più arresti, meno denunce

Secondo la Confesercenti “le richieste dei mafiosi vengono reiterate con più forza quando le forze di polizia colpiscono i gruppi criminali. Il motivo è ovvio: anche i detenuti mafiosi devono essere sostenuti finanziariamente durante il loro soggiorno in prigione - per la loro fedeltà, per la segretezza, per la perdita del reddito e per le famiglie rimaste a casa senza mezzi.
Ma nonostante le numerose incursioni e arresti di boss mafiosi di spicco negli ultimi anni la fiducia nella legge sembra poca. In tal modo diminuisce continuamente la volontà di denunciare il pizzo, e non solo nelle regioni a forte presenza mafiosa quali Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, ma in tutto il paese.
Il commissario “Anti-Racket” Giosuè Marino non vede in questo la totale perdita di fiducia degli italiani nel loro sistema giuridico. “Dopo tutto, rispetto al passato almeno adesso si denuncia”, ha detto il prefetto. “Lo Stato è presente e aiuta le vittime di tali crimini”.
Effettivamente, il “Fondo di solidarietà” gestito dal Ministero dell’Interno ha assegnato, secondo stime interne, solo nell’anno in corso 23 milioni di euro di compensazione ad imprenditori che hanno presentato denuncia nei confronti dei loro estorsori. “Questa forma di sostegno finanziario non solo ha un significato pratico, ma anche simbolico. Le vittime non sono lasciate sole. Questo è un segnale importante”, ha detto Marino.
Molti soggetti colpiti si sono già organizzati in associazioni, le forze di polizia proteggono coloro i quali presentano denuncia. Abbiamo creato un sistema “denso e complesso che ha dato risultati eccellenti”, dice Marino. Grazie a tale sistema, molti imprenditori hanno potuto operare ancora all’interno di un’economia legale. A metà ottobre, il Consiglio dei ministri ha inoltre adottato un pacchetto che consentirà allo stato di controllare in misura maggiore l’operato delle banche e di metterele persino in uno stato di amministrazione speciale nei casi di emergenza.

La incresciosa doppia morale degli imprenditori

L’ Associazione dei commercianti ha allo stesso tempo criticato la mentalita’ dei “due pesi e due misure” che hanno alcuni imprenditori. Fintanto che sono in centro o nel nord Italia questi osservano solo le regole del mercato e le norme dello Stato. “Tuttavia, non appena questi hanno interessi nel sud Italia, si attengono alle regole dettate dalla mafia”. In tal modo, questi imprenditori riconoscono un diritto di sovranità della Mafia ad operare su quei territori.
Gli autori della relazione chiedono “una grande offensiva per la legalità”, vale a dire un’azione concertata da parte dello Stato e della società, un’ azione comune ai partiti nella lotta contro la criminalità organizzata. Le banche dovrebbero facilitare il credito alle piccole e medie imprese, e segnalare alle autorità prestiti e operazioni sospette.
Gli incentivi fiscali dovrebbero premiare quelli imprenditori che si rifiutano di pagare il pizzo. Come ha riferito il commissario Marino, In realtà il governo sta valutando la possibilità di sanzionare i commercianti che non denunciano i tentativi di estorsione.
I boss della mafia gradiranno tali misure in modo da riscuotere ancora più contanti dai commercianti: stimati in 250 milioni di euro al giorno, dieci milioni di euro all’ora, 160.000 euro al minuto.

Nessun commento:

Posta un commento